Il Lupo mi attacca...
Pubblicato da Francesca Romano in storie vere · 19 Febbraio 2021
Circa ventisette anni fa', proprio il 12 agosto vivevo una delle giornate più spaventose, scioccanti e drammatiche della mia vita.
Avevo circa 16 anni e come tutte le estati trascorrevo le mie giornate aiutando i miei nell'attività di pastorizia.
Il mio compito era la custodia ed il pascolo di un gregge di circa duecentottanta pecore che rappresentavano la principale fonte di reddito per la mia famiglia.
Come ogni mattina sveglia alle 5:00 per poter permettere al gregge di raggiungere la cima della montagna prima che il sole fosse troppi cocente.
Si partiva proprio da dove oggi è la sede della mia azienda agricola Monterberry, a quel tempo tutta la struttura era adibita a stalla e fienile, e nella parte antistante il fabbricato, proprio dove oggi è allestita l'area Pic-Nic, c'era la "Corte" ovvero un recinto che consentisse agli animali di sostare all'aperto, e come tutte le "Corti" che si rispettino, la pianta di noce creava l'ombra e il fresco per il gregge.
Anche quella mattina del 12 agosto, si prospettava una giornata caldissima; completata la mungitura del gregge, aiuto mio padre nella medicazione degli animali con eventuali ferite, che ricordo avveniva con una mistura di zolfo e olio spalmata sulla ferita, per evitare che le mosche potessero infettare con vermi le piaghe, dopi di che, fra un insieme di tintinnio e suoni più o meno intonati di campanacci, il gregge esce dalla corte e si incammina per la strada sterrata che porta al " Varco Casale" luogo ai piedi della montagna che ne segna da sempre l'accesso.
Si tratta di un varco il cui spazio è ridotto ed è consentito il passaggio solo in fila indiana di pesone ed animali. Un varco fra due massi enormi, che sembra creato apposta dalla natura per realizzare una porta di accesso alla montagna.
Ricordo che era proprio in questo punto che, al rientro la sera, si provvedeva alla conta del gregge, e dopo una giornata al pascolo in alta quota, potevi avere la certezza di aver fatto un buon lavoro di pastore e custode del gregge se il numero delle pecore che oltrepassavano il varco corrispondeva allo stesso numero di quelle che lo avevano passato al mattino.
Purtroppo quel fatidico 12 agosto non ci fu bisogno di aspettare la conta della sera a "Varco Casale" per scoprire che i conti non tornavano, qualcosa durante il giorno era andato storto e purtroppo mancavano all'appello 5 pecore, e la loro perdita era stata definitiva.
Ma torniamo all'inizio di quella giornata vissuta in prima persona all'età di 16 anni, che non potrò mai dimendicare.
Partivo con il gregge ogni mattina per affrontare la scalata di circa due ore, che permetteva di arrivare in cima, oltrepassare la vetta e trovarci nel versante opposto dove alberi e vallate verdeggianti, rappresentavano il pascolo preferito dai greggi.
Ci troviamo a Monte San Giacomo, sulle montagna a confine con Teggiano, praticamente di fronte il Monte Cervati e attaccati al Monte Motola.
La salita era la parte più faticosa della giornata, seguivo il gregge, insieme a qualcuno dei cani pastori, quelli più pigri, perché invece quelli amanti del loro mestiere da bravi cani pastori precedevano il gregge andando all'avanscoperta, sia per fare strada al gregge stesso, ma soprattutto per avvertirlo di eventuali pericoli...
Portavo nel percorso i soliti accessori, una giacca, non tanto per il freddo, che pure poteva tornare utile perché in alta montagna le temperature anche ad agosto possono diventare pungenti, ma quanto per potermi stendere sopra e fare un sonnellino al fresco di qualche faggio durante le ore calde della giornata.
Nel mio corredo non poteva non esserci un ombrello perché in alta montagna anche con un celo azzurro al mattino, un temporale estivo ci mette un attimo a realizzarsi e lasciarti senza scampo e li sopra non trovi nessun ricovero.
Una borraccia di acqua, perché nessuna fonte o sorgente è presente in quella zona della montagna, e per bere occorre scendere necessariamente a valle, questo vale sia per le persone che per gli animali.
E ovviamente a completare il mio bagaglio lo zaino con dentro il pranzo, ovviamente nel mio non poteva mai mancare qualche libro per poter ammazzare il tempo e la noia.
Queste in genere erano le mie vacanze estive, che andavano da giugno a settembre, periodo in cui dalla costa cilentana dove trascorrevano l'inverno, ci spostavano con la transumanza in estate.
Ad agosto le giornate son9 lunghe, e ricordo che facevo delle lunghe dormite su letti di felci all'ombra di faggi o aceri, cullata dal fruscio delle foglie mosse da fresche brezze estive.
Il suono dei campanacci erano una musica di sottofondo in un silenzio altrimenti quasi assordante.
I pochi suoni oltre le campane erano dovuti al continuo schiamazzo delle cicali, da parecchie cornacchie e da qualche falchetto.
Suoni a cui l'orecchio ormai abituato quasi non faceva più caso, tanto erano concilianti per un bel sonnellino.
La pausa giornaliera, che preciso era d'obbligo soprattutto per il gregge, che non sopportando le alte temperature, durante le ore più calde della giornata, si fermava al fresco degli alberi.
Più o meno la sosta durava dalle 11.00 del mattino fino alle 17,00 del pomeriggio e anche quel dodici Agosto quando sto per raccontare avvenne durante questo lasso di tempo, ma a differenza degli altri giorni, quel giorno qualcosa non andò come di consueto.
Mi trovavo in una delle vallate più belle e panoramiche di quella parte di montagna, da quel punto potevo vedere tutto il Vallo di Diano, distingueva perfettamente Teggiano, San Rufo, San Pietro, Sant'Arsenio, Polla, Atena Lucana e Sala Consilina. Metà del Vallo era ai miei piedi... , e nelle mie fantasie fantasticavo ad immaginare la vita frenetica delle persone che vivevano in quei paesini, un vero divertimento per me costretta solo ad immaginare e dover invece passare le giornate a badare al gregge con intorno tutta quella calma e quel silenzio.
Ancora oggi nel pensarci mi provoca un po di risentimento, avevo 16 anni e avrei voluto trovarmi fra quelle case, fra la gente, per poter correre e giocare con i miei coetanei e invece potevo solo parlare con me stessa e con il mio gregge e i miei cani.
Forse era per questa voglia di comunicare che ricordo spesso facevo dei lunghi dialoghi ad alta voce da sola con me stessa...
Tornando a quel fatidico 12 Agosto, ricordo che mi ero posizionata sotto un acero a poca distanza dal gregge, erano circa le 14.30, la posizione scelta era ottimale sia per osservare il gregge in una visione di insieme, sia per mantenere la giusta distanza da esso ed evitare di essere attaccata dalle mosche...
I cani invece, cinque tra maremmani e san Bernardi si distribuivano in mezzo al gregge e uno di loro di fianco a me.
Questa la posizione che generalmente le parti assumevano durante la pausa.
Le giornate trascorrevano tutte più o meno con gli stessi ritmi, il mio ruolo era vigilare sul gregge affinché non ci fossero dispersi, ma sopratutto che non venisse attaccato dai lupi.
Si i lupi, proprio quelli delle favole, il terrore di tutti i bambini, che fin da piccoli sono un vero e proprio incubo, tanto che il solo nominarli mette tutti in riga e che invece per me rappresentavano fin dall'età di 7 anni un pericolo reale da cui difendere il gregge su quelle montagne.
Mi rivedo ancora io bambina, con in testa tutti i racconti ascoltati dagli altri pastori, da mio nonno, da mio padre, che raccontavano di vicende in cui i lupi attaccavano il gregge, facendo strage e razzia.
Immaginavo questo animale mostruoso, mescolando nella mia mente la sua immagine che era un po di fantasia e un po adattata alla descrizione dei racconti ascoltati.
È simile ad un cane pastore tedesco... mi dicevano, solo più piccolo, più chiaro...ma più astuto e cattivo.
Fino a quel giorno mi era capitato di vedere un lupo solo da molto lontano, indicatomi da un altro pastore, che scorgendolo a distanza me lo fece notare. Ricordo mi invitò a urlare e fare rumore affinché il lupo sentendo la presenza umana si mantenesse a distanza dalle greggi.
Altre volte era capitato di aver avuto a che fare con il lupo, ma non me ne ero accorta... se non che' alla sera nella conta degli animali rientrati all'ovile avevo fatto la triste scoperta di non aver riportato a casa tutte le pecore e il giorno dopo verificavo che l'assenza era dovuta alla triste scoperta della carcassa sgozzata e ormai già in parte mangiata dai lupi.
Il lupo sapevo che molto probabilmente avrebbe attaccato nascondendosi nella bassa vegetazione dei pascoli, procedendo aqquattato in modo silenzioso, e saltando sulla sua preda durante il pascolo, quando il gregge si stende nella vallata e quindi diventa per lui più semplice riuscire a sottrarne un componente senza spaventare gli altri...e senza farsi notare da pastori e cani.
Ricordo che gli anziani del mestiere mi suggerivano di gridare e fare rumore di frequente durante il giorno, in modo che la presenza umana fosse evidente, ma questo non è bastato quel terribile12 Agosto...
Quel giorno ricordo che ero quasi in un dormiveglia, sentivo il suono dei campanacci, erano tintinnio lenti e costanti come di consueto, ma ad un tratto sono divenuti di colpo più rumorosi, segno che qualcosa stava agitando il gregge.
Mi alzai, mettendomi in posizione seduta, e guardando il gregge che stazionava al fresco a pochi metri da me, vedo che proprio di fianco al gregge qualcosa di strano costringeva una delle pecore a staccarsi dal gregge e a muoversi forzatamente, in pochi istanti realizzò che vicino c'era qualcosa che assomigliava a un cane, ma non era il colore dei cani del mio gregge...non era un mio cane.
Questo era più grigio, potevo adesso vederlo meglio e lui vede me, i nostri sguardi si incrociano, io mi alzo e mi dirigo verso di lui per capire con precisione cosa stesse succedendo, come mai quell'intruso era li.
Sposto di pochi metri lo sguardo e a terra vedo un'altra pecora a pancia in aria... non dormiva, non era quella la posizione in cui dormono...osservo meglio e vedo che aveva il collo pieno di sangue....realizzò che era morta. Era stata sgozzata. Il lupo!!!
Il lupo, a quel punto ci sono reali possibilità che sia stata ammazzata da un lupo.
Sto avanzando sul luogo del pecoricidio... e riporto il mio sguardo sull'essere visto poc'anzi, mi osserva anche lui fermo, osservo meglio, ha gli occhi grigi e cattivi, la bocca in torno al collo della sventurata pecora che è immobile terrorizzata da quando gli sta accadendo.
Provo a lanciare un grido, per spaventarlo e inizio a correre verso di lui... ma dalla mia bocca non esce nessun suono, sono a pochi passi da lui, che continua a guardarmi senza scomporsi. Con una calma che mai potrò dimendicare, il lupo lascia la presa, mi guarda, riesco finalmente a lanciare un grido, si svegliano i cani che non si erano accorti di nulla fino a quel momento, e iniziano ad abbaiare.
Senza alcuna fretta il lupo si gira e si allontana, in pochi istanti scompare tra la vegetazione, a nulla serve l'avventarsi dei cani sulle sue tracce...è scomparso.
Realizzo che sono stata attaccata dai lupi, il gregge è li, una pecora morta a pochi metri dal gregge e una rimasta ferma pietrificata, ancora in piedi con due rivoli di sangue che scorrono dal suo collo.
Chiamo aiuto, un altro pastore a qualche centinaio di metri dal mio gregge mi viene in soccorso cerco di raccontargli l'accaduto, ma non riesco a trovare le parole, sono scioccata... riesco solo a dire il lupo, il lupo ...e mostro la scena del crimine.
Il pastore, un anziano del posto, guarda la scena, prende velocemente dalla tasca un fazzoletto e lo avvolge intorno al collo della pecora sanguinante per bloccare la perdita ematica. La malcapitata continua a restare ferma come paralizzata.
In questo modo si riesce a bloccare il sangue che fuoriesce dai fori causati dalle zanne, all'altezza della giugulare. Il pastore anziano cerca di farla riprendere, di farla muovere, mi ordina di portare la borraccia con l'acqua e glie la svuota in testa... il getto di acqua la rianima...come uscita da un ipnosi la pecora torna cosciente, un po stordita si inizia a muovere e si ricongiunge al gregge, con il collo avvolto nel fazzoletto.
A quel punto muoviamo il gregge da sotto gli alberi interrompendo il riposo quotidiano e facciamo la conta dei danni...
Ben 5 morti e un ferito.
Questo il ricordo che ogni 12 Agosto non potrò da quel giorno mai più dimenticare...
By le mie storie di pastori
Di Francesca Romano
Se vuoi ascoltare altre delle storie che ho vissuto durante la mia infanzia a Monterberry,
Allora non puoi mancare il 24 Agosto
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